Sono seduta a un tavolo tondo e non vedo l’ora di assaggiare il tè in polvere, mi pare che debba essere come il caffè in Turchia, dal sapore potente. Però, sì, c’è un però: come sempre nella mente delle donne si intersecano due pensieri in contemporanea. La mia idea retrostante è individuare la Snobbettina. Starà guardando me? Troverà qualcosa da criticare: è troppo bionda, è troppo grassa, parla troppo. Che cosa troverà da ridire questa volta? Le sedie scomode? Se siamo una cinquantina non possiamo pretendere poltrone soffici, no? La conferenza troppo lunga? Troppo corta? Ogni pretesto è buono per la snob per lamentarsi. No. Non si lamenta, fa finta, fa la svenevole. Forse è molto sola. Anzi, sicuramente è sola e ha paura a muoversi, si nasconde. Si nasconde dietro una maschera, poverina. Io no, sono forte e mi piace il tè. Gliela faccio vedere io.
La maestra del tè è brava: ci ha spiegato come servirlo e berlo faccia parte di un rito e tutti sappiamo che ogni civiltà ha bisogno di riti come collante; e spesso i riti nascono da un ideale forte, una fede. Il tè è un rito buddista, interessante: ho letto, e si nota di frequente, che il buddismo ha sempre più proseliti nel mondo per il suo ideale di tranquillità e armonia, parole chiave nella cerimonia che ora andremo a rappresentare.
La Snobbettina sicuramente sdegnerà anche questo momento dal sapore genuino. Poverina…mi dispiace per lei…
Così sarò io a propormi di andare per prima a bere il tè, perché lei ha paura, perché lei non sa stare e rifugge dagli eventi sociali. Io no.
E sposto la seggiola, alzo la mano, sorrido e vado al centro per partecipare, unica e sola, al rito. Mi viene porta la ciotola, mi viene detto di girare il liquido perché la polvere si mescoli all’acqua. Bevo il primo sorso e mi batte il cuore. Mi piace il tè, ma non so dove mettermi, sono impacciata; dove devo guardare? Vorrei tornare al mio posto e nascondermi anch’io, dietro la maschera della donna di mondo. Nascondere anch’io la mia timidezza, l’insicurezza e il desiderio di sparire.
Peccato perché non ho mai assaggiato un tè così buono.
Maria Cristina Annoni